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La convivenza totalizzante da Covid-19 può aver acceso o reso evidente tensioni, incompatibilità e contrasti. Abbiamo visto che eccessiva vicinanza, o lontananza, possono compromettere le relazioni anche più importanti, creando contrasti ardui da superare. Intendiamoci sul significato pregnante delle parole: qualcuno usa la parola “violenza” per intendere un disturbo, qualcun altro definisce “problemi come tanti” il mancato rispetto e dialogo. Vogliamo qui ragionare non di violenza, fisica o psicologica, ma di conflitto, cioè divergenze mal gestite con freddi silenzi o liti snervanti.
Quel che è certo è che molte persone vivono un paradosso fin da piccoli: è stato loro insegnato che litigare non va bene, per poi scoprire che la vita è un continuo affrontare piccoli e grandi conflitti. L’educazione rischia, cioè, di omettere delle competenze fondamentali, come permettere e insegnare a discutere promuovendo assertività, empatia, capacità di trovare soluzioni. Chi ha paura del conflitto non è assertivo ma a un certo punto scoppia, intende l’empatia come un soffrire per l’altro, equivoca la soluzione col compromesso, ritiene che stare zitti equivalga a essere buoni. Invece, l’essere umano dai silenzi troppo lunghi vive incomprensioni trascurate che si ingigantiscono, dispiaceri mai confessati che si trasformano in rancore, presenta conti salati con gli interessi. Non si tratta di indulgere sul mito dell’armonia da Mulino Bianco, ma di diventare competenti in umanità. Per costruire una vita di coppia caratterizzata da calore e libertà è necessario imparare a dirsele, magari non proprio di santa ragione. Meglio prendere atto che in molte circostanze le emozioni sono difficili da contenere e la comunicazione, quindi la situazione, ne è la risultante: “Ti chiedo sinceramente scusa per quello che ho detto e per come l’ho detto. Stavolta ho parlato a sproposito e me ne assumo la responsabilità”. Serve essere consapevoli che tutti possiamo avere momenti in cui diamo il peggio di noi stessi e abbiamo bisogno che l’altro lo consideri e dica: “Apprezzo che ti sia accorto delle sparate che hai fatto, senza che abbia dovuto fartelo notare io”. O di capire che è sempre meglio ascoltare senza interrompere e commentare, soprattutto rinunciando all’ironia che ci rende simpatici solo ai nostri occhi, ma insensibili per il partner: “Ti sto parlando di una cosa importante e tu riesci solo a far battute, anzi no, ora inizi anche ad arrabbiarti”. O di sapere che sono gli adolescenti che hanno bisogno di imporre la propria identità, perché la stanno ancora formando e cercando, contraddicendo anche le evidenze: “Mi stai parlando, ma io mi sto solo attrezzando per ribattere”.
Il conflitto affrontato insieme è, insomma, una straordinaria opportunità di conoscenza e di crescita e la miglior prevenzione di crisi senza ritorno. Riconoscere, tra le richieste fatte al partner, bisogni sproporzionati che traducono proprie mancanze pregresse, ci fa prendere in mano la nostra vita personale per non far saltare il banco di famiglia. Cambiare, e cambiare in meglio, non è mai un errore per la persona e un pericolo per la coppia. Le coppie le cui strade purtroppo si dividono sono quelle che si ostinano a non evolvere e a non risolvere, per poi scoprire che il cambiamento avviene sempre, anche se non vuoi, a causa del tempo che passa. E’ la paura di perdere quello che siamo riusciti a costruire con le nostre sole forze che ci impedisce di aderire al “Tutto quello che si manifesta è luce” per ricevere da Dio, prima ancora che dal partner, quanto ci è stato promesso.