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Nell’immaginario comune le favole sono roba da bambini e finiscono sempre con lo scontato “e vissero felici e contenti”. In realtà, leggendo le favole classiche ci si rende conto che sono il regno delle atrocità e dei significati: dal padre tanto buono ma per nulla protettivo di Cenerentola, alle madri mortalmente invidiose delle doti delle loro figlie, ai tanti bambini abbandonati nel bosco a morir di fame. In tutte le culture esiste anche la fiaba del femminicidio, la cui versione più conosciuta è probabilmente il “Barbablù” di Perrault del 1697. Non in tutte le versioni Barbablù è brutto, solo una sciocca sposerebbe un lupo che non si copre con la pelle dell’agnello che ha appena sbranato, anzi lui è spesso uno sposo bello, ricco e generoso ma con un unico particolare strano e incongruente, quel pizzetto blu.
La ragazza che lo sposa è intelligente e ha notato bene la stranezza blu ma decide che è meglio fare un bilancio e guardare al positivo, l’esteriore positivo, di cui è portatore il fidanzato e quindi conclude il suo ragionamento dicendo tra sé e sé che “infondo la sua barba non è poi così blu”. Sì, è vero, lei non è la prima moglie, le altre sono misteriosamente sparite, ma non saranno state all’altezza di un uomo così unico e speciale… lei invece ce la farà perché il suo amore per lui è più forte di tutto e di tutti, anche degli sguardi perplessi dei vicini. È pur vero che Barbablù aveva corteggiato contemporaneamente anche le due sorelle maggiori della futura sposa, ma poi aveva scelto proprio lei: la più buona, più bella, più paziente. Non è proprio così: le sorelle maggiori non sono delle zitelle inacidite, ma donne che hanno ricevuto quell’educazione necessaria a riconoscere il pericolo e a sfidare il giudizio sociale che le incolpa di essere troppo esigenti nelle relazioni. D’altra parte, lei può davvero fare un sacco di cose, perché il marito gliele lascia fare! Davvero fortunata.
Un giorno lui parte per un viaggio, consegnando alla giovane padrona di casa tutte le chiavi della proprietà, compresa la piccola chiave di una stanzina in fondo al corridoio che non dovrà mai usare. Lui le sta negando la libertà di conoscere la verità e lei, dopo avergli detto sempre sì, si permette di trasgredire una sola volta aprendo la porta e gli occhi: in quella stanza degli orrori ci sono tutte le donne fatte fuori prima di lei e lei sarà semplicemente la prossima. Qui le versioni finali sono molte: lei muore perché non fugge ma resta a dare spiegazioni; lei si salva perché si confida con qualcuno che può aiutarla, le sorelle maggiori; lei si salva perché arrivano in soccorso i fratelli, il maschile buono e protettivo, mentre dei genitori neanche l’ombra. Questa e altre storie andrebbero lette e commentate a casa e a scuola per educare a riconoscere sin da piccole/i il predatore della psiche, anziché insegnare a passar sopra alle cose e a mostrarsi brave e carine. Ben inteso, Barbablù è l’assassino e resta l’unico vigliacco colpevole.