Tutti i diritti riservati
Siamo tutti a casa, chi in doveroso isolamento e chi in obbligata quarantena, per non mettere ulteriormente a rischio la nostra vita e quella degli altri: parenti, amici, conoscenti, comunità intera. In particolare, il nostro Rinascimento si vede e si vedrà da quanta civiltà dimostreremo nella tutela delle persone più fragili, perché stavolta stare a casa non significa solo fermarsi, ma costruire in silenzio il nostro futuro. Se le regole di prevenzione sanitaria dovrebbero essere ormai stracapite da tutti quanti, ci rendiamo conto che la vastità e la durata dell’emergenza non potranno non incidere in modo significativo sulla salute emotiva e spirituale di persone e relazioni, cioè sulla maggioranza sana.
Pensiamo innanzitutto a chi vive normalmente da solo: sia esso più giovane, quindi abituato ad uscire spesso e soprattutto anziano, quindi più abituato a ricevere visite. Possiamo davvero metterci nei panni di chi, data l’età, non abbia prima d’ora avuto bisogno di particolare tecnologia al di fuori della semplice telefonata. Pensiamo alle persone care, molte, rimaste fuori casa: dai giovani all’estero per studio o lavoro non rientrati in famiglia; ai genitori lontani per motivi di lavoro; ai figli, bambini ed adolescenti, delle famiglie separate. Pensiamo infine a chi una famiglia ce l’ha ma deve gestire una quotidianità, divenuta complessa e compressa magari in piccoli spazi abitativi, che rischia l’implosione. Se è vero che le crisi nella vita servono a farci evitare il peggio (!), da questa non potremo che uscirne migliori. Anche la tecnologia comunicativa, in sé indispensabile ma divenuta rapidamente strumento di alienazione personale e divisione familiare, ha ora l’opportunità di riscattarsi diventando più “etica”.
È impensabile che la famiglia possa uscire indenne da quest’emergenza se, ad esempio, gli adulti non stabiliranno gli orari di studio dei figli e di lavoro per se stessi in modo equilibrato, creando nuove routine in grado di abbassare i livelli d’ansia che l’incertezza porta sempre con sé. E non potrà più essere lo smartphone o il tablet lo strumento di passatempo per bambini e ragazzi, già costretti ad essere impegnati on-line per ore per motivi scolastici. Inizieremo a spegnere gli strumenti tecnologici quando si mangia, si dorme e si va in bagno, sì anche in bagno. Non useremo quindi lo smartphone come strumento di addormentamento e di risveglio ed eviteremo di rispondere sempre e subito a qualsiasi messaggio o notifica se impegnati in altre attività e, soprattutto, se finalmente intenti ad ascoltare chi diciamo di amare. Sarà anche importante imparare ad entrare nelle case degli altri con discrezione attraverso videochiamate concordate che riescano a mantenere salde le relazioni affettive esterne e a raggiungere chi oggi è più solo.
L’alternativa la conosciamo: non una famiglia unita ma gente sdraiata sul divano come in una notte all’aeroporto, telecomandi contesi, camere da letto trasformate in uffici e l’illusione che si possa guardare la tv insieme se ognuno ha il suo cellulare in mano. Prendiamoci tempo ma non perdiamo tempo. Abbiamo capito che la vita è altamente preziosa, quindi come adulti metteremo in atto una sorta di percorso di auto-analisi, giungendo a decisioni condivise in favore chi ci è stato affidato. Stavolta siamo protagonisti e testimoni di un’incredibile prova di umanità, già a casa.