Finché smartphone non vi separi. Sono sempre più numerose le coppie che vanno in crisi perché uno dei due o entrambi i partners passano troppo tempo con gli occhi incollati al cellulare piuttosto che rapiti dallo sguardo del partner.
Coppie di ogni età s’intende, persino pensionati arrivati indenni alle nozze d’oro, tanto che è proprio il caso di dirlo: finché smartphone non vi separi.
Sembra infatti che un italiano su due possegga uno smartphone, dando ragione agli studi locali ed internazionali che vedono gli italiani tra i più dipendenti da cellulari e device e tra i più litigiosi a causa degli stessi.
Tutti praticamente ne hanno uno, tristemente anche molti bambini, ma pochi sanno usarlo dal punto di vista sia funzionale che relazionale.
Prima ancora di pensare alla relazione ci sarebbe però da considerare la pura e semplice educazione come…
Non si risponde sempre a tutte le telefonate in arrivo perché non si interrompono le conversazioni (quanta importanza dai al tuo interlocutore?), le attività importanti (quanta importanza ti dai?) o le funzioni vitali principali come mangiare, dormire, andare al bagno (quanta importanza dai alla tua salute?). Alla fine però una risposta vocale o scritta per educazione va sempre data.
A meno che non si tratti di un appuntamento preconcordato che soccorra all’impossibilità di raggiungersi fisicamente, le telefonate devono essere brevi, concise, sintetiche. Questo perché il tempo è denaro o più nobilmente un’opportunità che non ritorna e perché le onde elettromagnetiche emanate dal cellulare sono pericolose per la salute.
L’acronimo dei messaggi è SMS ossia Short Message Service cioè non servizio poemi né messaggi con una sola fastidiosa parola per volta. Il contenuto deve essere una comunicazione standard magari che ricordi qualcosa di cui si è già parlato e non qualcosa di importante soprattutto a livello emotivo (dire per la prima volta ti amo, lasciare la persona a cui avevi detto ti amo, comunicare che è morto qualcuno…)
Evitare di fare gruppi WhatsApp per tutto, farli in modo temporaneo e chiuderli appena terminato l’evento che li ha letteralmente scatenati, lasciare più chat possibili a chi non ha di meglio da fare naturalmente scrivendo prima un messaggio di saluto e farci solo comunicazioni di gruppo non singole e personali, appunto.
Al ristorante lo smartphone va tenuto silenzioso in borsa o in tasca, mai sulla tovaglia pronto a immortalare l’exploit del Cracco de noaltri; in famiglia non solo non sta a tavola ma neppure in cucina per non pranzare tra squilli, notifiche e occhiatine da vedo-solo-chi-è. L’Organizzazione mondiale della sanità ha definito lo smartphone come una delle cose più sporche che una persona possa avere appresso.
Di proposito, non scrivo nulla sullo smartphone walking o sulla guida di veicoli dal tir alla bicicletta perché la vita è vita e qui stiamo solo parlando di maleducazione ops di ineducazione…
Né ancora di proposito scelgo di scrivere sulla dipendenza da gioco con o senza azzardo, da porno, da social, da shopping, da foto/selfie compulsivo, situazioni in cui la coppia è già palesemente scoppiata.
Infine… niente chiamate/messaggi di notte solo perché tu soffri d’insonnia; niente vivavoce se intorno ci sono altre persone; niente telefonate di lavoro in pausa pranzo, dopo le 20 e nei weekend; niente errori di grammatica di base (c’è sì e si, c’è a e ha) e abbreviazioni di parole trasformate in targhe automobilistiche; gli emoticon solo nei messaggi confidenziali per non risultare dei teenagers con eccesso di stempiatura; riagganciare dopo il terzo squillo andato a vuoto a meno che non si chiami il nonno centenario; chiedere il consenso del proprietario prima di condividere il suo numero di telefono; mai divulgare foto degli altri pur scattate da te; rispondere a volume bassissimo e in modo appartato alle telefonate pubbliche, a meno che non ci si trovi in chiesa, al cinema, a teatro, in ospedale, al cimitero, durante una cerimonia importante… luoghi in cui non si risponde proprio perché magari lo smartphone è rimasto in auto.
Fin qui mi pare davvero che basterebbe essere educati per non essere sclerati, device dipendenti o in crisi di coppia eppure è meglio nominare anche il phubbing, parola che combina i termini inglesi phone e snubbing, telefono e snobbare.
Pare siano stati i ricercatori della Baylor University di Waco nel Texas a coniare questo nuovo termine per definire questo fenomeno dovuto alle distrazioni tecnologiche: quelle messe in atto magari in buona fede ma con un’enorme dose di inconsapevolezza rispetto alla profonda umiliazione che si prova o che si dovrebbe provare venendo trascurati dal partner per colpa dello smartphone.
Una condizione tutt’altro che banale, se si pensa che sono meno in crisi le coppie con cellulare rispetto a quelle con lo smartphone e che più tempo un partner passa col cellulare mentre sono insieme, meno l’altro avverte come soddisfacente la relazione nel suo complesso.
Per intenderci e per esempio, non si tratta di impedire a chi fa l’idraulico di rispondere alle chiamate durante l’orario di lavoro, ovviamente, ma che l’idraulico stesso non desideri rispondere e non lo faccia proprio quando non sta lavorando perché ha di meglio da fare.
Inoltre (e non vale solo per gli idraulici naturalmente) si tratta che la persona decida di non farsi travolgere dal contenuto infinito dello smartphone fino a trascurare chi afferma di amare.
La soluzione è davvero semplice, sempre che non si sia già in patologia: togliere dalla vista (notifiche comprese) lo smartphone e guardarlo solo a intervalli prestabiliti e concordati insieme.
In conclusione se il tuo partner tiene sempre il cellulare in mano quando sta con te o guarda il telefono anche solo di sfuggita mentre state parlando o si sente educato solo perché prima di rispondere a tutto e a tutti ti dice “scusa devo proprio rispondere” inizia ad ascoltare come stai e non lo/a scusare affatto.
Non cadere nella trappola del finché smartphone non vi separi è possibile perché è una scelta. Infondo lo smartphone è proprio come il vino: si può esserne astemi, alcolisti o sommelier.