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Quando si potrà tornare a muoversi e a viaggiare, si potrà anche tornare a vedere una gioventù… normale. Normale è quella che ha per compito naturale la ricerca della propria strada professionale ed affettiva, il distacco dalla famiglia d’origine, il diventare se stessi per non rimanere solamente “figlio di”. Solo una pandemia deve tenere più generazioni sotto lo stesso tetto per così tanto tempo, come sta accadendo tuttora. Certo, i giovani torneranno ad essere liberi di andare a far aperitivo, shopping o ferie da qualche parte, ma è davvero così poco “essere giovani”? Potrà migliorare un mondo in cui la generazione seguente si limita a copiare la precedente, solo distinguendosi in quegli aspetti trasgressivi e tecnologici ignorati dai loro genitori? Viaggiare…
Certo per vacanza, e sempre di più per necessità lavorativa, ma anche perché viaggiare è un’attività formativa di valore inestimabile che sviluppa in modo esponenziale il processo di crescita umana. Non si intende l’andare in agenzia a spese di papà, ma delle molteplici possibilità di viaggio a buon mercato disponibili per i giovani se, zaino in spalla, scambiano alcune ore di lavoro o di volontariato con vitto e alloggio. Questo sì che è un modo, certamente non l’unico, per prendersi tempo e non perderlo. Per apprendere le lingue, scoprire ciò per cui si è portati, imparare a cavarsela nella vita, ritrovarsi pieni di amicizie, risorse e competenze, fare un po’ di bene a questo mondo. E vederlo questo mondo, non solo visionarne i video dal salotto di casa. Dobbiamo ammetterlo: ci sono cose che il luogo dove sei nato, la scuola frequentata, l’ulteriore master o l’ennesimo stage non daranno mai. E si è giovani solo una volta. Perciò i giovani vanno ispirati e sostenuti, non frenati. Non è facile emotivamente lasciar andare, ma come stanno i genitori che hanno i figli ormai adulti ben piantati nel triangolo casa-lavoro-bar?
Certamente non meglio di chi li vede partire, anzi. Ci sono giovani che di viaggiare non ne sentono la necessità, altri che ne hanno paura e altri che non ne vedono l’ora, ma temono il giudizio dei coetanei o di deludere i parenti. Chi ama però non può chiedere il sacrificio di restare e non può confondere il volerti-felice col volerti-vicino. Chi ama è disposto a lasciar andare pur di veder rinascere una persona e non può che dire “fallo per te”. Il dono più prezioso è dare e darsi la possibilità di scegliere liberamente e in armonia con la propria chiamata alla vita. Le madri e i padri che capiscono che per alcuni è mediocrità ciò che è considerato scontato da molti, contribuiscono a rendere il mondo un luogo migliore. E ci vuole una buona dose di intelligenza, sensibilità e libertà interiore per capire che per un giovane è necessario muoversi senza ancora conoscere la meta definitiva. Con un solo passo infatti non si arriva già al traguardo, ma di sicuro si lascia ciò che ci trattiene dalla felicità.