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È così umano far fatica ad affrontare nuove sfide, responsabilità e cambiamenti, come è vero che tutti fanno fatica ad affidare dolori e sconfitte del passato. Ciò che accomuna questi timori rivolti ora al proprio futuro, ora a ciò che è stato, è spesso il cosidetto overthinking cioè il pensare troppo. Sì perché ogni cosa buona, se eccessiva, diviene negativa e questo vale anche per il nostro pensiero. Il pensiero over cioè ripetitivo incastra in un circolo vizioso il cui esito è continuare a pensare in modo ridondante. Quando a forza di pensare sempre le stesse cose, ovviamente pesanti, magari anche di notte, dandosi prontamente botta e risposta, il cervello sale di giri senza salire di velocità e si è in pieno overthinking.
Si prova cioè un doloroso contrasto interiore tra l’essere e il voler essere, avvertendo ad un certo punto totale senso di sopraffazione che spinge a deprimersi perché inizi a pensare che non ce la farai mai in un senso o nell’altro. Una serie di pensieri logoranti e vaghi, che risucchiano ogni energia senza offrire alcuna possibilità concreta. E se anche si prospettasse una soluzione fattibile, la mente inizia a pensarne un’altra diventando perfezionista e quindi inconcludente. È proprio come trovarsi all’inizio di un sentiero di montagna, davanti ad un cammino che si vuole intraprendere. Col pensiero ripetitivo, si guarda la cima e si pensa e ripensa a quanto sarebbe bello essere lassù, così che il tempo passa e la cima pare sempre più irraggiungibile. Perciò ci si abbatte e si cercano altre soluzioni per lo più irrealizzabili. Nel frattempo, si resta esattamente dove si è, senza allontanarsi dalla situazione che causa sofferenza e senza avvicinarsi alla meta. Il pensiero eccessivo e ripetitivo è infatti un processo automatico in cui via via si perde il contatto con la realtà, sommando gli interessi al dolore vissuto nel passato o aggiungendo ansia e inadeguatezza agli obiettivi già così ardui del futuro. Quando si pensa davvero troppo, si finisce anche in totale confusione. Senza rendersene conto si perde in lucidità, avendo perso il contatto con l’ascolto profondo di sé e di ciò che è veramente adatto a se stessi.
Potremmo anche dire: avendo confuso il vero bisogno esistenziale col mero desiderio razionale, della serie “devo fare questo e quello e poi anche quest’altro”, devo per l’appunto. Oppure avrebbe dovuto succedere questo o quello e io avrei dovuto fare così e non cosà. Pensare e ripensare a ciò che avrebbe dovuto accadere e a ciò che potrebbe succedere è il modo migliore per restare fermi e subire passivamente la vita. Infine vedere solo il bianco e il nero non aiuta di certo perché induce a volere le cose perfette, quando invece è sufficiente che siano buone purché vadano fatte. La buona notizia è che l’overthinking, essendo uno stile di pensiero appreso, si può disimparare e non rende impossibile apprenderne di nuovi, maggiormente positivi. È necessario però fermarsi ed essere davvero disposti a lasciare questa modalità di affrontare la vita, poiché le strategie concrete non mancano. C’è più vita da zero a uno che da uno a dieci… com’è importante il primo passo, sempre!