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Riconoscere alcuni segnali nei nostri ragazzi riponendo il cellulare ed iniziando a guardarli negli occhi potrebbe sembrare un retorico modo di dire. Invece se guardiamo ed ascoltiamo bambini e giovani con calma e benevolenza capiamo molto di loro, in fretta e per tempo. Ma per questo interessarci a loro è necessario prendersi tempo e non perdere tempo. Secondo l’edizione 2019 del Global Digital Report, noi italiani siamo mediamente e giornalmente online 6 ore e 4 minuti: un quarto del nostro tempo e della nostra vita è dunque su internet, augurandoci che per un altro quarto riusciamo almeno a dormire.
Certamente, è possibile che l’italiano adulto medio stia su internet per lavorare, per studiare o per guardare insieme ad altre persone dei contenuti intelligenti, ci mancherebbe altro! La domanda però è: siamo produttori o consumatori in internet? Siamo consumatori consapevoli (vado a vedere quella cosa lì perché… punto) o passivi (Tizio mi manda questo, poi Caio quello, Sempronio quest’altro ed infine è Google in persona che mi rimpinza con i suoi suggerimenti)? L’essenziale è davvero minacciato senza sosta dall’insignificante. Quando però l’abbondanza diventa eccesso, l’essere umano sente sempre il bisogno di riequilibrarsi. Ecco perché sentiremo sempre più parlare di minimalismo digitale che è la ricerca consapevole di ciò che porta valore nella vita e l’eliminazione volontaria del resto, anche e soprattutto in internet. I nuclei portanti di questo interrogarsi da adulti sull’utilizzo etico delle tecnologie digitali sono: niente telefono a tavola, a letto, in bagno, mentre si dialoga con qualcuno; cancellare app inutili, eliminare giochi, gestire eventuali social dal computer; disattivare le notifiche e consultare il telefono ad intervalli prestabiliti; eliminare contatti inutili e amici non veri; disiscriversi da newsletter che non interessano o che inducono all’acquisto; spegnere i devices mentre si dorme per ridurre disturbo e radiazioni. Lo scopo sarà limitare il tempo perso per impiegarlo responsabilmente e intenzionalmente, poiché esso è l’unica cosa che anche l’uomo più ricco del mondo non può comprare. Smettere inoltre di essere FOMO (acronimo tutto anglosassone di Fear Of Missing Out cioè paura di perdersi qualcosa) per diventare JOMO (Joy Of Missing Out cioè gioia di perdersi qualcosa) perché sì, molti adulti diventano dipendenti da internet a partire da un bisogno sproporzionato di notizie o per la curiosità di sbirciare la vita degli altri che sui social è sempre falsa o alla meglio assolutamente parziale.
Assegnare un tempo specifico e consapevole alle attività online significa non guardare automaticamente, cioè senza neanche accorgersi del gesto, lo smartphone negli attimi liberi perché questo impedisce a chiunque di pensare ma anche di rilassare la mente, ancor meno di meditare e pregare. Oggi, quanto tempo abbiamo passato su internet? Quante volte siamo entrati sui social? Quante volte abbiamo controllato le mail soprattutto da smartphone? Tutta questa enormità di tempo online, ha aggiunto davvero valore alle nostre vite? È appena stato beatificato ad Assisi il primo millenian della storia della Chiesa, quello spettacolare e normale ragazzo che risponde al nome di Carlo Acutis, classe 1991, innamorato di Gesù e appassionato del web a tal punto che è già considerato il Santo patrono di Internet. Prendere ad esempio di vita un adolescente che navigava ma non annegava in rete, che cosa grande ci è capitata.