Tutti i diritti riservati
Sono tre milioni e mezzo gli adolescenti italiani a casa da scuola che ufficialmente seguono le lezioni in remoto, come era già successo a marzo di questo 2020. Nonostante l’impegno di dirigenti ed insegnanti per la dovuta sicurezza medica, i banchi a rotelle non sono serviti, poiché tutti gli studenti delle scuole superiori e una parte consistente della seconda e terza media starà al computer al 100%, trasformando di fatto la didattica digitale da integrata ad integrale. Intanto l’Oms invita comunque gli Stati a misure “mirate e proporzionate”, ritenendo che le scuole debbano essere chiuse solo come ultima ratio, lì dove le istituzioni non riescano a tutelare la scuola e tutta la sua filiera, trasporti in primis.
L’Oms non vuol far dispetto ai ragazzi tirandoli giù dal letto presto, ma considera che milioni di adolescenti, a casa da soli, senza alcun supporto educativo diurno, possano diventare anche un problema sociale. Dopo il primo lockdown sarebbe stato essenziale per gli adolescenti ripristinare la normalità con compagni ed insegnanti, ovviamente adottando mascherina, distanziamento sociale, sanificazione di mani ed ambienti, turni scolastici mattutini e pomeridiani, niente mense e trasporti in sicurezza. E per il banco, pazienza, avrebbero potuto sedersi distanziati anche sul pavimento pur di avere adulti significativi e coetanei in aula, giusto per non vivere di nuovo in camera come un hikikomori. Invece il messaggio agli adolescenti è stato: prima smettete di andare a scuola e solo dopo smettete con gli assembramenti al centro commerciale, mascherina sul mento. Inoltre con la chiusura delle scuole e dello sport, i soggetti a minor rischio sono di fatto in lockdown, ma non lo sono le persone anziane o con patologie pregresse, che magari sono costrette ad andare a lavorare comunque.
Che cosa possiamo fare dunque noi come genitori di questi adolescenti in quarantena? Essere consapevoli dei danni che subiscono sul tono umorale, sulle relazioni, sulle regole, sull’apprendimento. Arginare, per quanto possibile, questi danni. Posso non lasciarlo sempre solo a casa? Posso dargli dei piccoli incarichi in modo che non faccia un inverno in pigiama? Posso seguire qualche lezione insieme? Posso verificare le cronologie sul computer? Posso esprimergli la mia empatia e contemporaneamente aiutarlo a tenere botta? Posso non fare discorsi negativi davanti a lui e comunicare attesa fiduciosa? Posso dargli priorità nei fine settimana tralasciando altro? Posso fare con lui una camminata nella natura, visto che il covid ha chiuso i centri commerciali di domenica? Infine non illudersi che la sola trasmissione di contenuti in DAD sia la soluzione, dal momento che l’esperienza, non il videolezionismo, produce apprendimento e le skills da mettere in curriculum. Quando tutto sarà passato, la scuola non resti identificata con una serie di link interessanti ed il Bel Paese torni ad essere bello per i suoi giovani, sul fronte scuola, come sul fronte lavoro.