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L’estate è spettatrice di cose belle, ma anche di tragedie, come quelle che hanno a che fare con i fallimenti educativi.
Mi riferisco, in particolare, ma non solo, ai fatti terribili ai danni di creature innocenti avvenuti a Caivano, fatti di una tale atrocità da aver generato l’immediata risposta del decreto che ne porta il nome. Innanzitutto, è necessario non mancare ulteriormente di rispetto e cura alle vittime: chi compie delitti così atroci è sempre colpevole e deve scontare una pena adeguata e certa. Inoltre, solo se chi delinque è minorenne può essere definito ragazzo, adolescente o bullo, ma il maggiorenne, anche appena maggiorenne, è un adulto, un uomo, pur giovane, che delinque: diversamente si fa l’eco a chi definisce ogni orrore una ragazzata.
Inoltre, il primo pensiero è sempre per l’infanzia terribile delle vittime, non per quella sicuramente brutta degli abusatori.
Prima le vittime e la loro guarigione, poi il resto. L’intervento delle forze dell’ordine a Caivano è un’azione importante e dovuta da replicarsi in tanti altri territori perché, se hai gli spacciatori sotto casa, non invochi lo psicologo per gli stessi, ma la tutela di base per l’incolumità delle persone. E’ evidente, poi, che la violenza cui stiamo assistendo sia dovuta a famiglie del tutto assenti e disinteressate, in contesti poveri e degradati, come in contesti decisamente “bene” o in altri più comunemente definiti normali. Un segnale necessario è quindi l’inasprimento delle pene per gli adulti che, dopo i richiami e gli aiuti di scuola e servizi sociali, si ostinassero a trascurare o maltrattare i minori, dimostrando netta incapacità parentale: il bene dei figli prevale sempre su quello dei loro genitori. Il decreto, inoltre, abbassa l’età per una serie di misure, come l’ammonimento per i minori dai dodici anni in su, poiché è indubbio che la criminalità organizzata si avvalga proprio dei minori di quattordici anni per la loro impunibilità. Mi pare una misura minima, educativa più che repressiva, l’impedimento dell’accesso ai social al minore che ha compiuto violenze e le ha diffuse via Internet (in “Disposizioni in materia di tutela dei minori che utilizzano dispositivi informatici”).
Si tratta di impedire un’ulteriore violenza sulle vittime e di prevenire che altri facciano lo stesso, poiché tutto, ma proprio tutto, si impara attraverso l’emulazione (“Una cosa così solo nei porno”, dai fatti di Palermo).
Detto questo, le nuove misure restrittive devono essere anticipate e seguite da interventi educativi incisivi, con l’esercito di educatori, assistenti sociali, operatori della cultura invocati dal parroco e dalla preside di Caivano.
Le “Disposizioni in materia di offerta educativa” ritengo siano “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile” come recita il Decreto.
Servono risorse massicce, ma mirate e non occasionali, per costruire sicurezza e opportunità. Le famiglie si aiutano dando lavoro ai genitori e sostegno nel loro compito educativo, mentre sono al lavoro. Soprattutto nelle aree dove dilaga la criminalità, serve una scuola statale che funzioni (e insieme una scuola paritaria libera e gratuita per tutti) per tornare a essere un’alternativa alla devianza e un ascensore sociale.
Spazi, strumenti e servizi per lo sport e le attività, anche ecclesiali, che tengono i minori lontano dalla strada e dal divano.
Sono i luoghi che producono, ciascuno a loro modo, il vuoto sentimentale e morale di oggi.